La folle storia di Marcus Bent, tra cocaina e allucinazioni

calcio04/03/2020 • 17:56
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Marcus Bent, ex stella del calcio inglese, ha parlato per la prima volta del suo periodo più buio. Una folle storia tra cocaina e allucinazioni. L’ex attaccante, oggi quarantunenne, ha collezionato nella sua carriera in Premier League 214 presenze e ha segnato 40 gol, per club come l’Everton, il Leicester, l’Ipswich e il Wigan. Una promessa del calcio inglese, almeno finché la cocaina non è entrata a far parte della sua vita. Le droghe hanno preso possesso della sua quotidianità e le luci della ribalta hanno lasciato spazio al buio più assoluto. Oggi l’ex calciatore torna a parlare del suo periodo più brutto, segnato dalla dipendenza ma anche dalle allucinazioni. Ed è proprio a causa di queste allucinazioni che l’ex attaccante inglese ha commesso azioni insensate. 

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La folle storia di Marcus Bent, tra cocaina e allucinazioni

È una notte di settembre del 2015 e Bent, dal bagno della sua abitazione, chiama la polizia del Surrey temendo per la sua vita. Pensava, come spiega lui stesso a The Athletic, che qualcuno si fosse introdotto nel suo appartamento. Tre agenti sono arrivati ​​16 minuti dopo. Nessuno rispondeva, ma i poliziotti sentivano le urla del giocatore dall’esterno. Abbattono così la porta ed è allora che Marcus, seminudo, affronta loro con una mannaia e un coltello. L’ex Everton solleva il coltello contro uno dei poliziotti, che per calmarlo, usa il taser. La polizia ha perquisito poi la proprietà, ma non c’era nessuno.

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“Ero paranoico, avevo le allucinazioni. Pensavo ci fosse qualcuno a casa mia. Ricordo che vedevo la maniglia della porta muoversi. Ho chiamato la polizia e ho raccolto qualcosa per difendermi. Quando gli agenti sono arrivati, sono andato alla porta con questi coltelli. Se ci ripenso, ovviamente, so che avrei dovuto posare i coltelli ma non ero in me. Loro, ovviamente, erano terrorizzati e quindi alla fine hanno dovuto usare il taser per calmarmi. Ma poi ricordo di essere andato alla stazione di polizia e di essermi sentito davvero al sicuro, pensavo ‘Adesso sono rinchiuso. Nessuno può prendermi’. Poi, la mattina dopo, si parlava di un’accusa per tentato omicidio. Non riuscivo a credere a quello che sentivo, non avrei mai potuto uccidere qualcuno. Ho chiamato la polizia perché ero paranoico, terrorizzato”.

calcio04/03/2020 • 17:56
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