In Italia le federazioni che riconoscono ai loro atleti (solo quelli maschi) lo stato di professionista sono solo quattro su quarantaquattro: calcio, basket, ciclismo e golf. Il resto dei sportivi italiani, uomini e donne, sono inquadrati come dilettanti. Ma dal primo Luglio 2022 questo cambierà, grazie alla decisione storica della Federcalcio di far diventare il calcio femminile uno sport professionistico, sebbene al momento sia limitato solo alla serie A: dalla serie B in giù resterà dilettantistico. In un’intervista di Fanpage all’avvocato Cesare Di Cintio, esperto nell’ambito del settore sportivo, vengono fatti chiarimenti sia sul livello normativo che remunerativo che subirà il calcio femminile.
Quali sono le differenze che restano tra calcio femminile e maschile dopo la riforma?
“Credo fortemente che questo sia solo l’inizio (un buon inizio, ndr) affinché anche alle atlete sia garantito il riconoscimento delle tutele lavorative, previdenziali e assicurative previste per i lavoratori e quindi al pari dei propri colleghi calciatori – ha spiegato il legale –. Le differenze principali resteranno comunque, almeno in questa prima fase, relative al peso degli stipendi previsti nel calcio maschile e in quello femminile. I calciatori continueranno a guadagnare molto di più che le calciatrici, ma almeno queste ultime potranno avere un minimo salariale pari a quello dei calciatori di Serie C (l’Assocalciatori e la FIGC hanno fissato il salario minimo sulle cifre già previste per la Serie C maschile, appunto, 26mila euro lordi all’anno, ndr). Inoltre ci saranno tutele assicurative e molto, molto altro ancora”.
Grazie ai contratti professionistici fatti alle atlete: le calciatrici potranno usufruire di un contratto collettivo che stabilisce stipendi più elevati, la maturazione dei contributi pensionistici e altre tutele di tipo legale e sanitario, ad esempio avranno diritto ai contributi previdenziali, al versamento dell’ Irpef e i contributi per il fondo di fine carriera che garantiranno loro il diritto alla pensione di maternità.
Cambiamento epocale
Poi Di Cinto spiega l’importanza di questa decisione: “Attualmente il calcio femminile sta ottenendo sempre più successo e visibilità, ma è chiaro che in questo momento il divario tra gli emolumenti tra i calciatori e le calciatrici di Serie A rimane ancora elevato, anche perché il calcio maschile può contare su maggiori introiti derivanti dai diritti televisivi e dagli sponsor. Però pensate che fino al primo luglio le calciatrici non potevano nemmeno versare i contributi: stiamo parlando di un cambiamento di una portata storica“.
Non c’è un tempo prestabilito per definire la tempistica nella quale si raggiungerà la parità salariale. Questo perché tale differenza è data da più fattori: dagli sponsor, dai club e dalla visibilità data al calcio femminile, che può essere televisiva o sui social e via dicendo.
Le conseguenze nel mondo del calcio
Questa rivoluzione sportiva, come spiega infine l’avvocato Di Cintio, va verso l’abbattimento degli stereotipi di genere: se solo si pensa a 100 anni fa, quando il calcio giocato dalle donne era considerato indecente, tanto per gli abiti indossati, quanto per l’uso del corpo. La violenza in campo, il possibile scontrarsi era visto come un danno per il corpo della donna. Con quei “colpi brutali” scriveva il British Medical Journal del dicembre 1884.
L’avvento del professionismo porterà ad un’espansione del calcio mercato, con la possibilità per i club di fare plusvalenze vendendo giocatrici cresciute nel settore giovanile o acquistate a poco prezzo.