Nella giornata di venerdì è arrivata una triste notizia che ha scosso l’intero mondo del calcio e non solo. All’età di 53 anni, dopo oltre tre di dura battaglia contro la malattia, è scomparso Sinisa Mihajlovic. Una vita, quella del serbo, tutta dedicata al calcio: 20 anni in campo dagli esordi serbi con Vojvodina e Stella Rossa alla chiusura di carriera con la maglia dell’Inter dopo essere passato da Roma, sia in giallorosso che soprattutto in biancoceleste, e dalla Sampdoria; poi 14 anni in panchina, con tante esperienze italiane e anche un anno alla guida della nazionale del suo paese.
Tanti i successi da calciatore: 5 campionati conquistati (3 nell’allora Jugoslavia e due in Italia), 4 Coppe Italia e 3 Supercoppe italiane. Poi una Coppa dei Campioni con la maglia della Stella Rossa, 1 Coppa Intercontinentale, 1 Coppa delle Coppe e una Supercoppa Europea. Da allenatore nessun trofeo, ma la certezza di aver trasmesso qualcosa di importante ad ognuno dei giocatori da lui guidati. Un uomo, oltre che un calciatore ed un mister, amato da tutti, e che ha fatto della leadership, del carisma e della sincerità i suoi cavalli di battaglia. Tantissimi gli aneddoti legati alla sua lunga carriera, episodi che è sempre bello ricordare.
Mihajlovic e quella tripletta a Ferron
Quando, ancora calciatore, guidava la difesa della Lazio, più che per le sue comunque ottime doti di difensore era conosciuto da tutti per la sua proverbiale maestria nel calciare le punizioni. Non a caso è unanimemente considerato come il più grande tiratore di calci piazzati di tutti i tempi. Nel Dicembre ’98, con la maglia della Lazio, riuscì a rifilare addirittura una tripletta su calcio da fermo all’allora portiere sampdoriano Ferron. A quell’incredibile impresa è legato un divertente aneddoto che vede coinvolto Roberto Mancini, e che Mihajlovic ha raccontato nel suo libro “La partita della vita“.
“Con Mancini ci piaceva scommettere tra noi, stavolta però sceglie il giorno sbagliato per sfidarmi: ‘Ti do un milione per ogni gol che segni’. In porta c’è Ferron, abbiamo giocato insieme nella Sampdoria, mi allenavo con lui a Genova sulle punizioni. Nel sottopassaggio lo avverto: ‘Fabrizio, non ti muovere prima, non fare il fenomeno, se fai un passo tiro una fucilata sul tuo palo, ti faccio fare brutta figura’. Lui sapeva che ne ero capace, guardavo fino all’ultimo il portiere. Io sapevo che avrebbe aspettato nel suo angolo la partenza del pallone. Non mi restava che scavalcare la barriera. Lo faccio al 29’. Ripeto la dinamica al 45’. Concludo la trilogia al 52’. Tre goal su punizione, forti e all’incrocio”.
La “lezione” a Benassi
Era il 2016 quando Mihajlovic, allora allenatore del Torino, rilasciò un’altra delle sue memorabili dichiarazioni in risposta a Marco Benassi che ai tempi aveva asserito che essere capitano granata a 22 anni era una cosa difficile. “Difficile essere capitano? No, non è facile svegliarsi alle 4.30 e andare a lavorare alle 6, fare tutto il giorno e non arrivare a fine mese, questo non è facile. Questo deve essere un piacere, deve essere contento, deve essere orgoglioso, che a 22 anni, gioca nel Torino, è capitano del Torino e ha fatto pure goal, perché è una persona fortunata come tutti noi che facciamo questo lavoro“.
L’incontro con Ibra
L’amicizia tra Mihajlovic e Ibrahimovic nasce da un iniziale scontro. Era uno Juve-Inter del 2005, i nerazzurri vinsero grazie ad un goal di Cruz. Tra Ibra e Sinisa prima parole grosse e provocazioni, poi spintoni e una testata dallo svedese al serbo che gli costò 3 giornate di squalifica. “Quella volta che in campo ci prendemmo a testate, dopo andai a cercarlo nello spogliatoio ma non c’era”, aveva raccontato Mihajlovic. Intenzioni bellicose anche dall’altra parte, come raccontò il procuratore dello svedese, Mino Raiola: “Ibra voleva partire di notte in macchina per picchiarlo, adesso invece sono grandi amici“. Come dimostra l’ironico duetto al Festival di Sanremo qualche anno fa.
Lo “studio” delle sue punizioni
La maestria di Mihajlovic nel calciare punizioni era talmente perfetta che all’Università di Belgrado decisero di studiarne i segreti: “Quando calcio imprimo molta forza: la palla scende all’improvviso, ho anche segnato da 65 metri… Una volta, quando giocavo alla Stella Rossa, sono venuti dei tizi dell’Università di Belgrado per studiarne potenza, traiettoria e velocità“, ha raccontato Sinisa alcuni anni fa. “Sono stato alcuni giorni con loro, avevano anche strumenti strani… Mi hanno interrogato a lungo, studiato e misurato. Il risultato? Non ci hanno capito niente!“.