In un’intervista a La Gazzetta dello Sport, Roberto De Zerbi ha raccontato la sua esperienza in Ucraina e quella attuale al Brighton in Premier League.
De Zerbi in Premier League
Roberto De Zerbi sembra aver trovato la sua dimensione nel campionato inglese sulla panchina dei Seagulls. Nella lunga intervista, ha prima parlato dell’esperienza allo Shakhtar:“In Ucraina è andata male, ma mi sono comportato bene e sono stato fortunato ad avere una chiamata così importante. Calcisticamente, è stato un lavoro a metà. A livello umano stupore e smarrimento. Noi non conosciamo nulla della guerra di oggi, non sappiamo cosa significhi dover andare via da un Paese in pochissimo tempo”.
Sul Brighton: “Ho accettato per due motivi: il primo è perché mi ero studiato la squadra e mi piaceva, anche se mi sembrava un po’ distante dalla mia idea. Il secondo è che il primo incontro in Inghilterra con presidente, direttore generale e direttore sportivo è durato 5 ore, ma mi ha fatto capire tanto. Oggi penso che questo Brighton sia la squadra che più di tutte mi somiglia, quella in cui mi riconosco maggiormente caratterialmente, con cui ho avuto più rapporto umano, più sintonia”.
Le richieste dall’Italia
Una parentesi su quando ha deciso di tornare ad allenare: “Dopo lo Shakhtar volevo rimanere ai box fino a quando non avrei percepito la voglia di ripartire. Ho prima di tutto aspettato che il calcio in Ucraina ripartisse: lo ha fatto, ma quello non è ripartire davvero, è come se si tirasse avanti. Quando sono tornato in Italia ho avuto subito proposte, alcune anche belle. Le ho rifiutate perché non me la sentivo. Ma quando sono ricominciati i campionati ho percepito la voglia che tornava”.
Infine, conclude: “Qui in Premier mi porto dietro quello che sono io e l’esperienza in Ucraina. Il campionato è diverso e lo stile di vita è l’opposto, ma non mi cambia tanto, perché io è da quando ho 13 anni che vivo solo per il calcio, che ha condizionato la mia vita in maniera fortissima. Fare calcio in Ucraina, Inghilterra o in Germania non cambia molto. Anzi, quando finirò qui mi piacerebbe andare ancora in qualche Paese estero. Perché io ho dato tutto al calcio, così come il calcio ha dato tutto a me”.