Silvio Berlusconi, in un’intervista a La Gazzetta dello Sport, torna a parlare del Milan del passato e del presente. In vista dello scontro con il Napoli, l’ex presidente ricorda le emozioni del San Paolo.
Il Milan di Berlusconi
Milan e Napoli si sfidano in campionato prima del doppio scontro ai quarti di Champions League. L’ex presidente Berlusconi ricorda alcuni momenti del passato, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, quando le due squadre schieravano alcuni tra i migliori giocatori del mondo.
“Tanti ricordi, tante emozioni. Su tutte, mi commuovo ancora a pensare all’applauso che il meraviglioso pubblico di Napoli ci tributò a fine partita. Una prova di stile e di sportività straordinaria, una delle ragioni per le quali Napoli è e sarà sempre nel mio cuore. Di quella partita non posso dimenticare uno strepitoso, inarrivabile Gullit Virdis e Van Basten, ma anche un meraviglioso gol di Maradona su punizione. Uno di quei miracoli calcistici che solo lui sapeva fare”.
“Quel giorno, superando quel Napoli fortissimo, il mio Milan vinse di fatto il suo primo scudetto. Il primo trofeo di un’epopea senza uguali. Un’epopea che fece del Milan la squadra più titolata al mondo e che fa di me tuttora il Presidente di Club che ha vinto più titoli nella storia del calcio mondiale. Secondo la FIFA, quel Milan di Arrigo Sacchi ha giocato il più bel calcio della storia. In realtà è difficile dirlo, ma certamente l’emozione di veder giocare quella squadra, in partite come quel Napoli-Milan, era ineguagliabile”.
A proposito delle due nuove stelle che si sfideranno in campo: “Difficile rispondere, sono due grandissimi giocatori che hanno caratteristiche diverse. Forse Kvaratskhelia è un giocatore più completo, però Leao è più ‘da Milan’, ha uno stile di gioco che nei momenti migliori mi ricorda i più grandi del nostro Milan”.
Il rimpianto Maradona
Prosegue l’ex patron rossonero ricordando il rimpianto di non essere riuscito a prendere El Pibe de Oro: “Un rimpianto profondissimo, e non solo perché Maradona è stato il più grande giocatore della sua generazione. Era una persona fragile, forse la disciplina e l’attenzione ai singoli che c’era nel mio Mialn lo avrebbero aiutato ad evitare alcuni errori. Però quel giorno, parlando con lui, mi resi conto di una cosa: Maradona era Napoli, era il simbolo e la bandiera del più grande Napoli della storia, almeno fino ad oggi”.
Conclude Silvio: “Le bandiere non si comprano e non si spostano. Sarebbe stato come prendere il cuore di un’intera città e trasferirlo a Milano. Sarebbe stato ingiusto, non si poteva fare. Lo stesso Diego, che aveva una grande sensibilità, condivideva questa valutazione”.