Era il 6 Settembre del 1995, e la Colombia affrontava in amichevole a Wembley i padroni di casa dell'Inghilterra, nazione che l'anno successiva avrebbe ospitato i Campionati Europei. Uno dei centrocampisti della Nazionale dei Tre Leoni, Jamie Redknapp, prova un lancio all'indirizzo delle punte, ma calibra male e la palla sembrerebbe avviarsi docile tra le braccia del portiere sudamericano.
Il problema è che in porta non c'è un giocatore "normale". L'estremo difensore colombiano, anziché raccogliere il pallone bloccandolo con le mano fa un passo in avanti, si tuffa e colpisce al volo il pallone con i talloni, nel celeberrimo colpo dello scorpione. In quell'esatto istante nacque la leggenda di Renè Higuita Zapata, istrionico, carismatico ed estremamente stravagante portiere nato a Medellin.
Renè Higuita, storia di una leggenda
Per entrare di diritto nella storia del calcio esistono due modi: o si è un campione indiscusso, predestinato e vincente, oppure si è un personaggio talmente fuori dagli schemi da risultare leggendario per la propria nazione e per l'intero mondo calcistico. Renè Higuita fa decisamente parte di questa seconda categoria. Nasce a Medellin, in Colombia, il 27 Agosto 1966, in una situazione familiare piuttosto difficile: senza il papà, con la mamma che muore quando era ancora un bambino, Renè viene cresciuto dalla nonna e trascorre la sua infanzia vendendo giornali per racimolare qualche soldo per casa. Il suo migliore amico? Il pallone, che quel bambino riccioluto porta sempre con sè.
Gioca da attaccante, segna anche parecchi goal, ma quando la scuola organizza un torneo per mettere in mostra i migliori talenti agli osservatori dell'Independiente Medellin si concretizza la più classica delle sliding door: il portiere si fa male e per sostituirlo si propone proprio il piccolo Renè. Da quel momento quel ragazzino non abbandonerà più i pali della porta.
Carriera
Il suo debutto nel calcio avviene nel 1985 con i Millonarios di Bogotà, squadra che abbandona presto trasferendosi l'anno successivo all'Atlètico Nacional di Medellin, che rimane la sua casa per i successivi sei anni, e con la cui maglia vince campionato e Copa Libertadores, perdendo poi la finale dell'allora Coppa Intercontinentale contro il grande Milan di Sacchi. A fine '92 prova il salto in Europa, approdando negli spagnoli del Real Valladolid, ma l'esperienza si conclude precocemente dopo appena una stagione. Il ritorno all'Atlètico è naturale, il Sudamerica è la sua terra e Renè Higuita non riesce proprio a stargli lontano.
Dal 1994 al 2005 Higuita giocherà in 8 diversi club tra Colombia, Messico e Ecuador, prima di decidere di ritirarsi in seguito ad un test antidroga fallito (già tra le altre stravaganze il portiere colombiano aveva anche un problemino con la cocaina). Due anni dopo, nel 2007, Renè decide di rimettersi i guanti e firma per un club venezuelano. Poi altre due esperienze nella sua Colombia prima del definitivo ritiro, avvenuto nel 2009 all'età di 43 anni.
La Nazionale
Le pagine più belle della sua storia calcistica Renè Higuita le ha sicuramente scritte con la maglia della sua amata Colombia. Già nel 1990 è titolare inamovibile, e partecipa in quell'anno ai Mondiali giocati in Italia. Protagonista di un ottimo torneo, negli ottavi però pregiudica l'avventura dei suoi: nei supplementari della sfida con il Camerun esce con la palla tra i piedi fino a centrocampo, ma Roger Milla gli ruba la sfera segnando a porta vuota e costringendolo alla peggiore delle figuracce.
Con la Tricolor arriva quarto e terzo nelle edizioni 1991 e 1995 della Copa America, ma non giocherà i Mondiali di Usa '94 a causa di uno scandalo di cui parleremo in seguito. Non convocato per i successivi Mondiali del '98 in Francia, nel '99 dà l'addio alla sua amata nazionale.
Portiere goleador
Una delle caratteristiche che ha reso ancora più celebre l'istrionico portiere colombiano è la sua abilità, decisamente anomala per un portiere, di segnare goal. Sono 48 le reti messe a referto nella sua lunga carriera, di cui 3 con la maglia della Colombia. Punizioni, rigori, Renè Higuita probabilmente non ha dimenticato i suoi trascorsi e la sua infanzia, quando era considerato uno degli attaccanti più promettenti di Medellin. I colleghi parano punizioni e rigori? Lui fa di più, li calcia direttamente...
Scandali e arresti
La Colombia degli anni '90 è segnata dall'epopea di Pablo Escobar, signore assoluto del narcotraffico e capo indiscusso del cartello di Medellin. E poteva, un personaggio come Renè Higuita, non essere amico di una persona così potente in un periodo così caotico? Ovviamente no, ed il portiere colombiano lo dichiarerà apertamente e lo andrà anche a trovare in carcere.
"Sapevo che Escobar fosse un uomo molto potente e spietato – dirà anni dopo – ma io personalmente non mi sono mai sentito in pericolo con lui. Avevo libero accesso alla sua splendida villa (El Castillo ndr), frequentavo le sue feste ed ero uno dei pochi che entrava senza alcuna scorta"
Ma non finisce qui, perché nel 1993 l'estremo difensore colombiano finirà nuovamente nei guai. Decide di fare da mediatore nelle trattative per la liberazione della figlia di un amico (tra l'altro anche amico di Escobar), cosa assolutamente proibita dalla legge colombiana, che obbliga in situazioni del genere di avvisare sempre la polizia. Per lui scattano le manette e 7 mesi di carcere, pena che gli impedisce di disputare i Mondiali statunitensi del 1994.
Higuita ha sempre dichiarato che la causa di quell'arresto era proprio l'amicizia con il potentissimo narcotrafficante, ucciso poi alcuni mesi dopo: "Le autorità in Colombia mi hanno detto di consegnare Escobar in modo da non arrestarmi. Sapevano che ero innocente, ma in tutte le persecuzioni che avevano iniziato contro di lui, iniziarono a mettere i suoi conoscenti in prigione".
Una vita di eccessi, in campo e fuori, per molti versi romanzesca. Un personaggio che è rimasto nella storia per la sua stravaganza, e che con quel colpo dello scorpione ha decisamente fatto sognare tanti tifosi colombiani o semplici amanti del calcio. "É la palla che avevo aspettato di calciare da una vita", dichiarò al termine di quella partita di Wembley in cui passò da semplice arquero a leggenda. Una leggenda destinata ancora a far parlare...