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Insulti razzisti a Vinicius: tre tifosi del Valencia condannati a 8 mesi di carcere

A poco più di un anno di distanza dalla partita del Real Madrid al Mestalla, in Spagna è arrivata una sentenza storica
calcio estero10/06/2024 • 12:24
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La Liga condanna il razzismo. Ma non solo a parole, anche con i fatti. A poco più di un anno di distanza dagli insulti discriminatori a Vinícius che portarono all'interruzione temporanea di Valencia-Real Madrid, è arrivata una sentenza storica. Ai tre tifosi valenciani ritenuti colpevoli è stata inflitta una pena pesantissima: 8 mesi di carcere e 2 anni di Daspo. Un provvedimento esemplare, per mandare un segnale forte a chi va allo stadio e per cercare di abbattere definitivamente la piaga del razzismo. 

Valencia-Real Madrid 2023, insulti razzisti a Vinícius: gara sospesa

Riavvolgiamo il nastro. Come riporta Sky Sport, i fatti sono accaduti il 21 maggio 2023, durante Valencia-Real Madrid, nella quart’ultima giornata di Liga. La partita viene fermata per qualche minuto a causa dei soliti insulti razzisti contro Vinícius, che individua uno dei responsabili, pretende il suo allontanamento e minaccia di non tornare più in campo. La gara poi riprende e nella notte seguente, grazie all'aiuto delle telecamere, anche gli altri due soggetti vengono identificati

8 mesi di carcere e 2 anni di Daspo: condannati tre tifosi del Valencia

Oggi, 10 giugno 2024, la sentenza storica. Dopo la denuncia della Liga in tribunale, alla quale si sono uniti la Federcalcio spagnola (Rfef), il Real Madrid e lo stesso Vinícius, i tre tifosi del Valencia sono stati condannati a 8 mesi di carcere e a 2 anni di Daspo. Un verdetto accolto in modo soddisfacente da Tebas, il presidente della Liga: "Questa sentenza è una grande notizia per la lotta contro il razzismo in Spagna: ripara il danno sofferto da Vinícius e lancia alle persone che si recano allo stadio a insultare il chiaro messaggio che la Liga le identificherà, le denuncerà e ci saranno conseguenze penali per tali atti". Insomma, oltre alle parole, anche i fatti. 

Nicolò Brunner

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