L'insostenibile leggerezza dell'essere

L'editoriale di Fabrizio Piepoli, direttore responsabile di chiaamarsibomber.com, sulla quinta giornata di campionato di Serie A e le vicende De Rossi e Paulo Fonseca.
calcio italiano23/09/2024 • 09:09
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M. Gabbia
#46MilanDifensore
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Dopo la vittoria nel derby della Madonnina sono momentaneamente sparite le nuvole su Paulo Fonseca. La vittoria di ieri sera è stata in gran parte merito suo: in una metaforica partita di scacchi, il portoghese ha fatto scacco matto a Simone Inzaghi, interrompendo la striscia vincente nerazzurra che durava da 6 stracittadine. Paulino da Maputo ha osato, ha rischiato e ha vinto, sottolineando (giustamente) a fine partita che nessuna squadra aveva messo così in difficoltà l'Inter nell'ultimo anno e mezzo. Sempre con modi gentili, garbati, tipici della sua persona mai sopra le righe. 

 

Eppure Fonseca avrebbe potuto approfittarne per togliersi qualche sassolino, anzi qualche macigno, dalle scarpe. La stampa lo sta massacrando da settimane, facendo uscire ogni giorno un nome diverso: prima Sarri, poi Allegri e infine Tudor come suoi papabili successori sulla panchina del Milan. "Ibra vuole tizio, mentre Furlani vuole Caio", scrivono i media, come se fosse un videogioco. Tutto questo nel silenzio totale della società rossonera che di recente si è esposta solo attraverso le parole del Senior Advisor Zlatan Ibrahimovic, che in diretta tv ha dato vita a un delirante monologo di puerile onnipotenza contro i suoi haters, in cui ha messo in discussione tutti tranne sé stesso.

 

Non ha fatto meglio la società Roma, che con la vittoria di ieri ha nascosto la polvere sotto al tappeto. Forse De Rossi non era ancora pronto per un incarico così impegnativo, ma non meritava di essere trattato così. Non gli è stato permesso neanche di salutare la squadra, cacciato da Trigoria, casa sua, come un ladro. Colpevole di aver protetto i suoi ragazzi (Dybala su tutti), di essere poco aziendalista. Ha salutato lo staff giallorosso con gli occhi lucidi ed è andato via, senza alzare la voce né sbattere le porte, perché per lui quel centro sportivo è sacro. Daniele ha vissuto mesi difficili, con una simbolica spada di Damocle rappresentata dalla CEO Lina Souloukou che aspettava un suo passo falso per mandarlo via. Alla fine la spada è caduta ma le teste a capitolare sono state due.

 

Il calcio dei potenti, degli investitori stranieri, dei petroldollari è così, non guarda in faccia a nessuno. Si cambiano allenatori come se fossero figurine, con una leggerezza disarmante, per nascondere i propri fallimenti. I sentimenti e l'amore per il proprio club sono una fastidiosa distrazione dallo "spettacolo" che va profumatamente pagato dai telespettatori. Che poi quale spettacolo? Il calcio ormai lo seguono soltanto gli incorreggibili, i nostalgici, quelli che hanno ancora negli occhi le Notti Magiche di Totò Schillaci. I giovani guardano la Kings League che, per stessa ammissione di Piqué, di calcio ha ben poco.

 

Ma siamo sicuri che il calcio abbia perso appeal perché "vecchio e noioso"? Eppure anche noi Millennials avevamo i videogiochi (abbiamo vissuto la golden age dei Fifa e dei Pes), ma quando c'era la "partita di pallone" si fermava il mondo. VAR, nuove regole, tecnologia che incalza, sono tutti espedienti che scimmiottano all'NBA ma che non risolvono il problema. Cercando di non cadere nella retorica: ridate il calcio alla gente, ai calciatori/allenatori tifosi, a chi gli vuole davvero bene. Ripartiamo da chi ama lo sport più bello del mondo e ne ha fatto la storia. Solo così torneremo ad appassionare tutti, anche i più giovani...

 

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