Critiche, insulti, minacce. Purtroppo, il mestiere dell'arbitro è anche questo. Non dovrebbe esserlo, soprattutto nel 2025, ma è così. Si tratta di uno dei lati più oscuri e inconcepibili del calcio, un pessimo esempio per i giovani. E vale dai campi di periferia a quelli di Serie A: lo dimostrano i continui casi riportati dalle cronache locali, ma anche la testimonianza di Daniele Orsato, uno dei migliori fischietti italiani (e non solo) del nuovo millennio. L'ex direttore di gara, che è arrivato ad altissimi livelli (nel suo curriculum anche una finale di Champions League e una semifinale Mondiale) e che oggi ricopre il ruolo di Commissario dello sviluppo e del talento arbitrale, ha affrontato l'argomento in un'intervista a Il Corriere della Sera. Raccontando un (triste) aneddoto personale e facendo il punto in generale sulla questione.
Orsato: "Chi aggredisce un arbitro va punito come chi si scaglia contro un carabiniere"
Un vero e proprio problema del calcio dilettantistico, dove la figura dell'arbitro è spesso disprezzata o comunque messa in forte in discussione: si va dai "semplici" insulti sugli spalti alle minacce nel post-partita. Orsato ha provato a spiegare cosa significhi tutto questo: "Nelle categorie inferiori l’arbitro è un uomo solo e di questo dovrebbero tener conto tutti. Le parole nei campi di periferia sono macigni, le decisioni non sono facili. In quei campetti le offese verso un arbitro hanno un peso molto maggiore di quello che accade in Serie A". Addirittura, a volte si rischia anche la violenza fisica. Una cosa davvero inaccettabile, intollerabile, che Orsato punirebbe così: "Io credo che si debba arrivare a punire l’aggressione ad un direttore di gara come si fa per chi si scaglia contro un carabiniere. Ci sono giovani arbitri che vengono picchiati per motivi futili e questa per me è violenza criminale. Bisogna essere severi".
Orsato: "Una volta mi hanno assegnato la scorta: sette giorni di sorveglianza per me e la mia famiglia"
Ma come detto, questa non è una piaga che riguarda soltanto il calcio dilettantistico. Lo ha raccontato bene anche lo stesso Orsato, che ha svelato un retroscena della sua carriera: "Sicuramente il momento più difficile è stato quando, dopo una partita, mi è stata assegnata una scorta. Sette giorni di sorveglianza per me e la mia famiglia. Un arbitro sa di dover affrontare contestazioni, fa parte del gioco, ma quella volta era diverso: non ero solo io al centro della tempesta, c’erano di mezzo mia moglie e i miei due bambini piccoli. Il calcio dovrebbe essere passione, competizione, ma mai paura. Ecco, queste cose non dovrebbero accadere nel mondo dello sport. Perché quando il dissenso supera il confine del campo e diventa minaccia, significa che abbiamo smarrito il senso più autentico del gioco".
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