La redazione di Chiamarsi Bomber ha intervistato Diego Tavano, founder della BSM Sports Management che nel suo roster annovera giocatori del calibro di Bove e Mandas. Tavano ci ha raccontato di come è diventato agente sportivo e della situazione dei suoi assistiti.
Ciao Diego, non tutti lo sanno ma tu eri una giovane promessa del calcio italiano ai tempi del Perugia Primavera dove hai giocato con Rino Gattuso. Come mai hai smesso e com'era Ringhio all'epoca?
La mia è una storia particolare perché quell'anno (stagione '96-'97 ndr) diventammo campioni d'Italia Primavera battendo il Brescia di Pirlo in finale. Poi in estate fui venduto al Napoli dove non riuscì ad ambientarmi nonostante la bellissima città e la piazza importante, inoltre non volevo stare lontano da casa. Quindi, nonostante il talento e la possibilità di fare carriera, non avendo un procuratore che mi consigliasse, decisi di smettere. Poi un po' di persone mi suggerirono di provare col calcio a 5 visto che ero tecnicamente bravo, al contrario di Rino (ride, ndr). Andò talmente bene che decisi di lasciare definitivamente il calcio per il calcetto, arrivando a giocare in Serie A e diventando capitano della Nazionale under 21 calcio a 5. Chiaramente dal punto di vista economico ci sono state grandi differenze, ma la vita mi ha riservato questo e sono contento perché sono stato campione Primavera e ho vinto 8 campionati di calcio a 5. Com'era Gattuso? Non volendo mi ha insegnato tanto: all’epoca di Perugia viveva nel convitto col suo inseparabile amico Gigi Riccio, che ora è il suo secondo. Rino aveva cattiveria, aveva fame, aveva passione, si metteva due pezzi di cartone al posto dei parastinchi e nei contrasti scoppiava tutti. Un ragazzo incredibile, umile, simpatico. Siamo molto amici e lo reputo una delle persone migliori che ho conosciuto nel mondo del calcio.
Com'è nata l'idea di fare il procuratore?
Ero rimasto in buoni rapporti coi miei ex compagni al Perugia, molti dei quali come Gattuso e Storari hanno fatto una grande carriera, altri sono diventati dirigenti. Grazie a loro sono rimasto nell'ambito calcistico. Inoltre il mio amico Fabio Liverani mi mise in contatto con la GEA (ex agenzia di procuratori, ndr) con cui collaborai per un paio d'anni, portando tra gli altri Manuele Blasi. Poi nel 2006 con calciopoli la GEA si sciolse e c'è stata un po' di diaspora: mi sono ritrovato di colpo a dovermi reinventare. In quel periodo ebbi la fortuna di conoscere Alessandro Tulli, proprietario della Cisco Roma, che mi propose di fare il direttore sportivo. All'epoca avevo 30 anni ed ero uno dei dirigenti più giovani nel calcio professionistico. Sono stati due anni importanti in cui ho creato tantissimi contatti, anche con squadre di Serie A. Da lì ho creato un portfolio di livello e quindi ho deciso di prendere il patentino da procuratore.
Perché in Italia la figura del procuratore è demonizzata?
Personalmente mi considero un agente sui generis: mi sento come Jerry Maguire che segue il ragazzo da vicino, che lo consiglia, che lo aiuta nei momenti difficili, ci sono sempre, h24 per i miei atleti e cerco di fare qualcosa di importante insieme a loro. Forse noi agenti veniamo demonizzati perché la nostra figura è borderline: penso ad alcuni procuratori che sono molto legati a certi club e quindi a volte non portano il giocatore giusto ma quello che fa più comodo a loro.
Quando un giocatore cambia squadra, in percentuale quanto decide il calciatore e quanto l'agente?
Difficile da rispondere perché ci sono tante dinamiche. Ripenso a quando ho portato De Maio dal Genoa all'Anderlecht facendogli fare uno step contrattuale importante, anche perché il club belga giocava le coppe europee. Però dopo poco Sebastien è voluto tornare in Italia perché non si trovava bene in Belgio. Personalmente nel 99% dei casi faccio scegliere al ragazzo, poi chiaramente condividiamo e io dico la mia. A volte il mio consiglio si è rivelato giusto, altre volte il ragazzo ha scelto di testa sua e ha avuto ragione. Quindi penso che la scelta finale spetti sempre a lui.
Poi Tavano ha parlato di Mandas, Richardson e Neres.
A che punto è il rinnovo di Mandas con la Lazio? Pensi che meriterebbe di essere promosso titolare?
Non voglio entrare in discorsi tecnici, posso dire che Christos è un giocatore di grande prospettiva. Noi abbiamo avuto in estate attestati di stima da diversi club inglesi, alcuni hanno anche avanzato offerte ma la Lazio è stata irremovibile nel non venderlo. Sono contento perché merita tutto questo, lo reputo il futuro della Lazio. Decide il mister chi gioca, l'importante è che lui sia sempre concentrato e che difenda la porta biancoceleste dando il massimo, come ha sempre fatto finora. Il rinnovo è ai dettagli, parliamo da tempo col ds Fabiani, penso che la prossima settimana sarà quella decisiva.
È vero che in estate lo voleva il City?
Posso solo dire che è nella short list di 4-5 club europei importanti, non solo in Premier. Ora è approdato anche in Nazionale, questo dimostra che la Lazio era il club giusto per lui.
Hai fatto da intermediario anche per portare Richardson alla Fiorentina. Cosa ne pensi della sua stagione finora?
Ti dico che su di lui c'erano tanti club e sono contento di averlo portato a Firenze. So che qualche tifoso è scettico ma è un giocatore davvero forte. Bisogna dargli tempo di ambientarsi, di imparare la lingua e gli manca quel pizzico di fortuna che può cambiargli la stagione, come trovare un gol. È un ragazzo con ampi margini di crescita, quindi va aspettato e aiutato.
Tu sei stato il domiciliatario dell'agenzia di Neres. Come si trova a Napoli e con Conte?
È un giocatore forte che dopo il primo mese di ambientamento in cui ha preso le misure del campionato italiano, si è imposto. È un funambolo di alto livello, un giocatore molto forte. Napoli è una piazza importante e il mister è uno dei top in Europa, un connubio importante per la sua crescita.
Il procuratore ha parlato anche di Bove nell'articolo Tavano (ag. Fifa): “Bove vuole tornare a giocare. Non avrebbe mai lasciato Roma ma la Fiorentina è stata la scelta giusta”
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