Thierry Henry rilascia una lunga intervista a L’Equipe e affronta il delicato tema della salute mentale dei calciatori. L’ex allenatore del Monaco, oggi commentatore di Prime Video, ha parlato della sua esperienza personale, ma ha anche voluto parlare della situazione che affrontano le stelle del mondo dello sport oggi. Il francese si è soffermato in particolare sul caso di Neymar.
Henry: “Neymar? Manda dei segnali, lo ascoltiamo?”
L’ex Arsenal parte proprio dal campione brasiliano: “Neymar ha parlato molte volte nelle sue ultime interviste della sua salute, della pressione. Il mio primo pensiero quindi è stato ‘Sta bene?. Lui parla, ma siamo in grado di ascoltarlo?’ Chiede aiuto, ha cose nella testa, come qualsiasi essere umano. Quando parliamo di gente come Messi o Neymar, calciatori eccezionali, noi ci dimentichiamo spesso di questa dimensione”.
Henry mostra poi la sua solidarietà a Leo Messi, accusato di non essere al livello del passato, del Barcellona: “Quando Lionel ha pianto andando via dal Barça non era programmato, quando pensi che non te ne andrai mai da un posto e succede all’improvviso, si crea uno shock emotivo. La gente dice ‘Sì però sta bene, a Parigi ha tutto quello di cui ha bisogno’. Ma non è esattamente così. Quando ho lasciato l’Arsenal per andare al Barça mi ci è voluto un anno per stare davvero bene. Sono arrivato infortunato, stavo divorziando, dovevo imparare un nuovo modo di giocare. E alla fine ho mischiato tutto e la mente mi faceva scherzi”.
Henry: “Ai miei tempi era un tabù dire che non stavi bene”
Il francese ritiene che sia molto difficile per un calciatore d’élite parlare chiaramente delle sue paure. In passato era un tabù, nessuno si lamentava anche quando stava male: “Non so come reagirebbe la gente se un calciatore parlasse così a fine partita, spiegando che non stava bene mentalmente. Ai miei tempi era molto più difficile, totalmente tabù, anche con i compagni. ‘Stai bene?’. Sì, anche se non era così. ‘Hai dormito bene?’. Sì, anche se non avevi riposato. Mentalmente un mondiale stanca, è successo anche a me dopo il 1998. Avevo fatto l’under-18 nel 1996, l’under-20 nel 1997 e poi la Coppa del Mondo. Risultato, ernia del disco. E mi avevano rispedito in Under-21 perché secondo loro non mi impegnavo abbastanza”.
Henry, però, non poteva mostrare le sue difficoltà: “Non potevo piangere e mostrare la mia debolezza. Stavo parlando con Domenech a Clairefontaine, mi giro e non riesco più a muovermi. Tutti dicevano ‘Ecco, non gli va di giocare’, ma no, avevo un ernia. Qualcuno aveva contato tutte le partite che avevo giocato senza riposare in tre anni? Ci ricordiamo che Sergio Ramos sono 17 anni che gioca tutte le partite? È normale che ci sia un momento in cui il corpo ti avvisa che non ce la fai più. Oggi un giocatore può aprirsi di più. Ma se dici ‘Mentalmente non stavo bene’. La partita dopo può toglierti molto. Cosa canteranno i fan avversari?”.