Josè Mourinho si racconta sulle pagine dell’edizione portoghese del mensile GQ e svela il motivo che l’ha spinto ad accettare la panchina della Roma. Il 4 maggio scorso il club giallorosso, a sorpresa, ha svelato che il nuovo Responsabile Tecnico della Prima Squadra, a partire dalla stagione 2021-22, sarà lo Special One. Il portoghese andrà quindi a sostituire Paulo Fonseca. Mourinho neanche un mese prima era stato esonerato dalla panchina del Tottenham ma ha trovato subito un nuovo ruolo e un nuovo progetto.
José Mourinho si racconta: “Ecco perché ho scelto la Roma”
Lo Special One torna quindi in Italia dopo l’esperienza di successo con l’Inter e, ai microfoni di GQ, spiega perché ha scelto proprio i giallorossi: “La Roma mi ha contattato il giorno stesso in cui fui esonerato dal Tottenham. Mi hanno voluto fortemente, è stata una cosa istantanea o quasi, la mattina il Tottenham mi ha esonerato e il pomeriggio la Roma mi ha chiamato”.
La determinazione e l’entusiasmo dei Friedkin ha fatto il resto: “Loro mi hanno voluto, mi hanno fatto risentire la passione per il calcio che c’è in Italia e che conosco, specialmente a Roma dove non si vince un trofeo da 20 anni. I Friedkin, i nuovi proprietari, con un approccio professionale e umile, mi hanno trasmesso il loro entusiasmo per questo nuovo incredibile capitolo professionale della loro vita. Sono stati veramente obiettivi, onesti e sinceri con me. Mi hanno fatto sentire la passione per questo lavoro, mi hanno colpito per come si sono approcciati a me”.
Il portoghese ha ammesso di aver commesso alcuni errori in carriera, ma è convinto che la Roma sia la scelta giusta per lui: “Ho commesso anche io degli errori e ho sbagliato ad accettare alcuni progetti. Sono andato a Manchester in un momento di transizione, poi al Tottenham che non ha una storia di successi, e ora la Roma con una nuova proprietà. Ma in questo caso con la Roma ho percepito subito grande empatia con i Friedkin, con Pinto”.
La dirigenza giallorossa ha saputo toccare le giuste corde: “Loro hanno riacceso in me il fuoco e la passione per questo lavoro. Ho detto di sì in pochissimo tempo e ora mi tufferò in questa missione impossibile, che definisco impossibile nel senso che la gente mi considera e mi guarda considerandomi in un solo modo: un vincente. Se tornassi in Portogallo ad allenare il Belenenses o il Gil Vicente e non vincessi, non lo chiamerei un successo”.