Napoli mille colori: la Coppa Uefa del 1989

calcio05/12/2018 • 18:02
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Dal 2021 torna la terza coppa europea. Lo ha ufficializzato l’Uefa. Si chiamerà provvisoriamente Uel2 (nome a dir la verità davvero poco credibile). Dopo l’eliminazione della Coppa delle Coppe, torna ad allargarsi il numero di squadre impegnate in Europa. Saranno 96, 32 per ogni torneo. Più partite, più spettacolo. Più club, per più federazioni. L’obiettivo è chiaro: ampliare le possibilità di partecipazione anche ai Paesi con una tradizione calcistica meno spiccata, ampliare il mercato. Magari ampliare le squadre che potranno vantarsi di un successo in Europa. Aumentare l’impatto commerciale, dare più spazio alle narrazioni calcistiche.
Tornare a raccontare le imprese di Celtic (1967), Steaua Bucarest (1986), Stella Rossa (1991), Porto (1987 e 2004) in Champions League, Goteborg (1982 e 1987), Galatasaray (2000), Cska Mosca, Zenit San Pietroburgo e Shaktar (tra il 2005 e il 2009) in Europa League, Slovan Bratislava (1969), Anderlecht (1976 e 1978), Dinamo Tbilisi (1981), Aberdeen (1983), Dinamo Kiev (1986), Malines (1988) in Coppa delle Coppe.

IN ITALIA ANCHE LA SETTIMA

Dall’Italia andrà in Europa anche la settima classificata. Col tentativo di rinverdire quei successi delle società del centrosud (Milan, Inter e Juve a parte, insomma). La Fiorentina di Hamrin, Albertosi e Milan nel 1961, la Sampdoria di Mancini e Vialli nel 1990 e la Lazio di Vieri, Nedved e Salas nel 1999 in Coppa delle Coppe, il Parma del 1995 e del 1999 in Coppa Uefa. E il Napoli dei sudamericani Alemao, Careca e soprattutto Maradona nel 1989.

L’AZZURRO PIÙ BELLO IN EUROPA

Non era più il Napoli di Bruscolotti, Bagni e Giordano protagonista del double azzurro nel 1987, del primo scudetto della storia partenopea e di una squadra del Sud. Non era ancora il Napoli rinforzato da Zola, Mauro e Baroni (decisivo con il gol alla Lazio all’ultima giornata) che vinse il secondo (e ultimo per il momento) titolo della storia azzurra.
Era solo, e sempre, il Napoli dei brasiliani Alemao e Careca, il Napoli degli italiani un po’ gregari Giuliani, Ferrara, Francini, Corradini, Renica, De Napoli e Carnevale. Era il Napoli di un immenso e un po’ folle Diego Armando Maradona. L’unico Napoli vincente in Europa. Con una cavalcata che, a leggerla ora, farebbe venire i brividi: Paok, Lipsia, Bordeaux, Juventus, Bayern Monaco e Stoccarda. Una storia da riscrivere e ripercorrere al contrario. Dalla finale all’esordio di Salonicco.

CIRO, CUORE PARTENOPEO

Quando Ferrara insacca al volo dal cuore dell’area piccola l’assist di testa di Maradona al Neckarstadion di Stoccarda è il 39’ della finale bis. Il Napoli ha già segnato due volte all’andata (vinta in rimonta con i gol di Maradona e Careca) e una volta al ritorno (in vantaggio con Alemao).
Ciro Ferrara è nato a Posillipo, ha 22 anni e il 2 sulla maglia. Forse, non sa ancora di aver segnato un gol decisivo: “Mi fermai in attacco. Dopo il colpo di testa di Diego, arrivo io che tiro al volo di destro. Faccio gol alla Careca e divento pazzo”.
Si accende il Napoli, diventa tutto in discesa. A inizio ripresa, capolavoro di Careca in campo con 40 di febbre, 3-3 finale. Poi champagne in campo, negli spogliatoi, in albergo, in aereo. Dovunque.
È un anno d’oro per il calcio italiano: il Napoli riporta la Uefa in Italia dopo 12 anni, la Sampdoria perderà solo in finale la Coppa delle Coppe con il Barcellona, il Milan di Gullit e Van Basten umilierà proprio in Spagna la Steaua di Lacatus e Hagi.

CARECA, L’ALTRO DIEGO

Il Bayern aveva appena eliminato l’Inter, nonostante la storica cavalcata di Berti. Il Napoli aveva appena raggiunto il suo miglior risultato di sempre in Europa. La semifinale di andata viene trasmessa in diretta anche per la zona di Napoli (altri tempi per il calcio in tv) perché il San Paolo è strapieno (anche oltre i dati ufficiali, guardare le immagini per credere): 2-0 per gli azzurri.
“Benvenuti all’Olimpiastadion di Monaco di Baviera, qui 20 mila napoletani hanno accompagnato il Napoli”. Detto da Giorgio Martino in diretta tv faceva un altro effetto: 2-2, con gli azzurri sempre in vantaggio, e pass per la finale.
I gol del Napoli sono quattro in tutto. Maradona per Careca e Maradona per Carnevale all’andata, Maradona per Careca e Maradona per Careca al ritorno. Aldilà del poker di Diego, in evidenza la tripletta di Antonio de Oliveira Filho, al secolo Careca.
Quasi 100 gol in azzurro, una decina di fotografie e momenti storici al San Paolo e non solo, 1 scudetto, 1 Supercoppa e 1 Coppa Uefa (con 6 gol personali) sempre da protagonista, un paio di volte vice capocannoniere del campionato italiano. A ritmo di samba (come dimenticare la sua esultanza preferita), la complicità con Maradona, le pizze alle 2 di notte, la devozione sincera della Curva B e un coro indimenticabile: “Careca, tira la bomba”. Maradona era Dio (o viceversa per i napoletani), ma Careca è l’altro Diego.

RENICA, EROE DA NORD A SUD

Alessandro Renica, classe 1962, libero. Nato in Francia, prime esperienze in Veneto, cresciuto a Vicenza, maturato a Genova, sponda Samp, consacrato a Napoli. Apice che ha coordinate precise: alle 22:29 del 15 marzo quando segna il 3-0 alla Juventus, nei quarti di finale, risultato che ribalta lo 0-2 dell’andata.
Maradona aveva messo come sempre la sua firma su rigore, eroe che terremo di sfondo, ma che inevitabilmente era al centro della storia di quel Napoli. Carnevale aveva raddoppiato allo scadere del primo tempo.
Ma all’ultimo minuto del secondo tempo supplementare è Alessandro Renica a far esplodere Fuorigrotta: di testa, conclusione sporca, su cross di Carnevale, alle spalle di Tacconi. L’urlo è impressionante, la corsa di Renica la ferma solo Giuliani, in campo ci sono tutti (ma proprio tutti). Martellini su Rai Uno: “Vi lascio immaginare quello che sta succedendo” mentre un tifoso gli urla gol nel microfono.

FRANCINI E GLI ANTI-DIVI

Il Napoli non era certo favorito all’avvio della Coppe Uefa 1988-1989. Ma i primi turni (a Salonicco, a Lipsia, con il Bordeaux) servirono a creare nella squadra e soprattutto attorno alla squadra un senso di entusiasmo e di consapevolezza vissuti solo in occasione dei due tricolori. Ma servirono anche e soprattutto a mettere in luce gli anti-divi. Diego era Diego. Alemao e Careca due fenomeni veri. E tutti gli altri non furono da meno.
Calciatori forti, ma spesso fuori copertina, come Giovanni Francini, ruolo difensore. Suo il primo gol del Napoli in Coppa Campioni l’anno prima, sue le due reti nei sedicesimi di finale al Lokomotive Lipsia (una per partita). Come Giancarlo Corradini, marcatore e primo palleggiatore. Come il campano Nando De Napoli, “Rambo” per i tifosi, protagonista di tutti i successi azzurri.
Tutti messi assieme da Ottavio Bianchi, l’allenatore del primo scudetto e della Coppa Uefa, l’anti-divo per eccellenza. Taciturno, a Napoli viveva isolato, per evitare di essere consumato da una città e un popolo che vive di calcio. E che festeggiò quella Coppa Uefa per giorni, forse settimane. Il bello di vincere, anche in Europa.

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Redazione

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