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Perché Antenucci è esploso solo a 34 anni

calcio29/03/2018 • 15:57
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Mirko Antenucci si è portato per anni un’etichetta che molti suoi colleghi trovano fastidiosa, e che lui invece ha deciso di tenere per anni senza remore, cioè quella dell’attaccante di categoria. Più offensivamente, quello che fa gol solo in Serie B.
Che di per sé uno ci metterebbe pure la firma per essere un top-player di Serie B, se non fosse che Antenucci a 34 anni ha scoperto che in Serie A poteva fare la differenza già qualche anno fa.

Perché no, se faceva questi gol con la Ternana?

I motivi sono ignoti, non sempre è facile decodificarli, la maggior parte delle volte restano misteri irrisolti.
Personalmente, però, posso dire che le traiettorie sportive come quelle di Antenucci siano tra i motivi più veri per cui amiamo veramente questo gioco. Fanno parte di un’epica piuttosto ambigua, toccano due poli opposti: una fine bellissima e il rimpianto di aver utilizzato al massimo il tuo talento in una porzione di tempo così breve.
Un po’ come i bambini che da piccoli vanno in vacanza al mare e stringono le amicizie della mia vita solo l’ultimo giorno, prima di ripartire. La carriera di Antenucci è proprio questa cosa qui: scoprire il bello quando sta finendo.
C’è una certa malinconia in queste parabole calcistiche, e così sono andato a cercare dati sulla carriera di Antenucci per darmi almeno una motivazione sul perché si sia affermato solo oggi, e per giunta quasi casualmente (nella griglia di partenza, la Spal aveva Borriello come titolare seguito da Paloschi e Borriello, dunque nessuno avrebbe scommesso più di cinque presenze per lui).

Per un attimo ho pensato a qualche infortunio, e invece Antenucci non ha mai avuto problemi fisici gravi, e ha sempre avuto quel piede, quella predisposizione tecnica. Non gli mancava niente di niente per fare otto anni fa quello che faceva oggi.
Probabilmente gli mancava la convinzione, questo sì. Quando all’inizio dicevo che Antenucci ha imparato a tenersi l’etichetta di uno di Serie B, l’ho detto dopo aver letto una sua intervista molto recente a La Gazzetta dello Sport: “Zenga mi fece esordire in A col Catania, ma poi le cose non andarono come speravo e cominciai a girare. Quando andai al Leeds avevo 29 anni e non ci pensavo più alla A: un limite caratteriale, certo. Magari ho pagato un po’ l’etichetta di attaccante di categoria, che in fondo non mi spiaceva nemmeno. Forse non credevo tanto in me stesso”.
Ci sono dei passaggi fondamentali in queste poche parole.
Intanto la mancata esplosione in A (che si è tradotta comunque con gol a grappoli in medie squadre di B) lo ha portato al Leeds a 29 anni. Quell’addio all’Italia ha implicitamente dato al suo cervello un input molto negativo, e cioè dimenticarsi della Serie A.
A 29 anni.
Nel pieno della maturazione calcistica.
Sacrilegio.
La sensazione è che Antenucci abbia dato al suo talento una specie di alibi, un filtro che non doveva esserci. Si è accontentato, è stato poco lucido e coscienzioso davanti alle capacità che aveva, probabilmente non le aveva messe bene a fuoco. Chi lo sa.
Anche perché proprio al Leeds ha segnato subito a valanga, e lì anche la sfortuna, che in queste storie non manca mai, ci ha messo uno zampino: giocare in una squadra di Cellino.
Per chi non lo sapesse, Cellino non voleva riscattarlo (il riscatto era previsto al dodicesimo gol, Antenucci ne aveva fatti subito otto) e così, quando ha visto palesarsi il rischio dell’obbligo di riscatto, ha dato ordine di non schierarlo più.
Allora l’anno scorso è tornato in Serie B, ha firmato con la Spal e lì io per primo mi ero rassegnato. Da profondo conoscitore della cadetteria, ho sempre avuto un debole per il talento di Antenucci, pur non credendo mai per un solo istante al suo ritorno in Serie A. Ma non pensavo nemmeno di vederlo lottare per la salvezza in Serie B, dopo anni in cui aveva dimostrato di poter fare – a occhi chiusi e con le gambe bendate – l’attaccante nelle squadre che dovevano ammazzare il campionato. Poi la Spal il campionato lo ha sorprendentemente ammazzato, e questa è la storia che in un certo senso ha restituito qualcosa a quel talento in cui persino Antenucci, forse, aveva smesso di credere.

Una delle cose più belle che Antenucci ci ha fatto vedere in B l’anno scorso.

Eppure anche quest’anno c’erano tutti i presupposti per un’altra stagione di buio in A, Semplici aveva in attacco Paloschi, Floccari e soprattutto Borriello, reduce da 20 gol a Cagliari. Quando mai avrebbe dovuto giocare Antenucci?

Il resto è storia nota: Antenucci è titolare, leader della squadra, e ha messo lo zampino in quattordici reti (otto gol e sei assist) ed è il vero punto fisso di questa squadra (e oramai di molti fantallenatori che ci hanno puntato orgogliosamente).
Ma soprattutto è maturato caratterialmente. Nel momento in cui aveva smesso di crederci, ha ritrovato – per fortuna e per talento – la strada, e piuttosto che guardarsi alle spalle e ricordarsi che avrebbe potuto fare qualcosa in più, sta pensando solo a quello che potrà ancora dare. Non è poco, e oggi non c’è rimpianto che tenga di fronte all’idea di salvare la Spal a 34 anni, nella sua prima vera Serie A.

 

Cristiano Carriero

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