In questi giorni ha fatto scalpore la tragedia familiare consumatasi a Nuoro, in cui un padre di famiglia ha ucciso moglie e due figli, con un altro che è riuscito miracolosamente a salvarsi.
Una vicenda che ha riaperto antiche, scioccanti ferite in Andrea Carnevale, ex attaccante tra la altre di Napoli e Roma, ora dirigente dell'Udinese. In un'intervista rilasciata a La Stampa, ha sollevato il coperchio sui tragici eventi che lo videro coinvolto in prima persona quando aveva appena 14 anni.
Il tragico racconto di Andrea Carnevale
Era il 25 settembre 1975, e l'ex attaccante aveva poco meno di 15 anni quando in un raptus suo padre uccise in maniera tremendamente violenta sua madre: "Una mattina mio padre si è svegliato, ha preso l’accetta ed è andato ad ammazzare mia madre mentre stava lavando i panni al fiume vicino casa", ha raccontato Carnevale. "Una delle mie sorelle era presente, io stavo giocando a pallone lì vicino. Ho raccolto il cervello di mia mamma nel fiume e l’ho portato alla caserma: ‘Hai visto che poi è successo?’, ho detto al maresciallo. ‘Quante volte sono venuto qui, adesso il sangue lo vedi’. Oggi però non ho rancore per nessuno: mio padre era un uomo malato che non è stato curato".
Una tragedia che, come raccontato dal dirigente dell'Udinese, poteva essere evitata: "I segnali c’erano tutti perché mio padre, che era tornato a casa dopo un anno passato a lavorare in Germania come operaio nelle ferrovie, ha cominciato a mostrarsi sempre più strano e spaesato, e poi a picchiare nostra madre davanti a noi, anche mentre cenavamo insieme la sera. Poteva farlo in qualsiasi momento. Andai dai carabinieri più volte per sentirmi dire che se non vedevano il sangue non potevano farci niente… A casa c’era sempre un clima di terrore, perché da un momento all’altro diventava violento, soprattutto verso mia mamma, che subiva questi scatti d’ira. Per anni mia madre ha preso schiaffi e botte davanti a noi".
Nessuna denuncia preventiva della mamma, del resto in passato c'era molta omertà e poca sensibilizzazione su questioni di questo genere: "Era un paese piccolo, c’era senso di vergogna, oltre alla paura di mia madre che mio padre venisse a saperlo. Si teneva un po’ tutto nascosto. Mia mamma era una donna per bene, ma mio padre si era fissato con l’idea che lo tradisse, una pazzia che si verifica anche oggi. Eppure il maresciallo, in caserma, fu capace di dire che finché non vedeva il sangue non poteva intervenire".
Una tragedia tremenda, alla quale Carnevale ha dovuto forzatamente reagire: "Io mi sono messo a testa bassa e sono andato avanti nonostante il dolore: sapevo già che sarei diventato un calciatore, era il mio obiettivo. Il mio invito ai ragazzi che possono avare la tentazione di buttarsi via davanti a queste tragedie è di cercare di reagire, anche se è dura, molto dura. La tragedia non mi ha spezzato, ho chiuso dolore e rabbia dentro un forziere e li ho usati per darmi forza".
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