Fabiano Santacroce era considerato uno dei migliori prospetti del calcio italiano: gli inizi a Como, poi l’esplosione a Brescia e infine la consacrazione a Napoli, tanto da conquistarsi la convocazione in Nazionale nel 2008. Di colpo, però, i vari infortuni e una serie di maldicenze l’hanno fatto sparire dai radar, fino all’addio al calcio due anni fa a soli 34 anni. L’ex difensore italo brasiliano si è raccontato sulle colonne del Corriere del Mezzogiorno.
Santacroce dalla stelle alle stalle
“A Napoli mi è capitato di ricevere punizioni perché arrivavo tardi agli allenamenti – racconta Santacroce -. Giusto, ma avevo un problema di salute: non tiravo tardi la sera, il mio era un disturbo del sonno certificato. Prendevo pillole, ma non sentivo la sveglia. Mentre in giro si diceva: si ubriaca, si droga. Dopo l’infortunio al menisco facevo ottanta chilometri al giorno per andare in un centro specialistico nel Beneventano a fare terapia, la sera il mio ginocchio era sempre gonfio. Forse non dovevo guidare io? E chi doveva dirmelo?”.
Falsità che l’hanno accompagnato per tutta la carriera: “Ci provavo a spiegare ma circolavano troppe voci sulle mie notti da baldoria con i sudamericani e ormai ero stato etichettato. All’inizio neanche me ne rendevo conto. Ho avuto pochissimi amici nel calcio, Hamsik su tutti, in campo ero un mattatore ma nella vita privata non frequentavo quasi nessuno. Mi capitava di uscire la sera ma con la mia fidanzata e gli amici di sempre. Vallo a spiegare a chi considerava il mio sorriso aperto e anche incassatore un’ ammissione di colpevolezza. Ho scelto sempre di stare zitto. Per coerenza. E l’ho pagata. Oggi faccio esattamente quello che non hanno fatto con me: cerco di capire i giovani, li proteggo. Insegno loro a non farsi condizionare dai social, dai soldi facili e anche dalle donne”.
I problemi economici e la risalita
Appesi gli scarpini al chiodo, la situazione finanziaria è cambiata radicalmente: “Sono passato da ventimila euro al giorno ad avere in tasca dieci euro al giorno. A fare i conti nelle tasche per gestire due bambine nate da poco. Non è stato semplice, la mia famiglia di origine mi ha aiutato finché ha potuto, mia moglie Barbara Petrillo non si è mai fermata nel mondo della moda e della televisione. Ho sofferto, certo. Ma i soldi non sono stati un problema quando erano tanti, non lo sono diventati quando sono finiti. Il calcio mi ha fatto sicuramente fare una vita bella, senza privazioni. Ma i soldi sono soltanto un mezzo non altro”.
Ma cosa fa oggi Santacroce? Con un altro ex calciatore ha aperto un’agenzia di scouting a Napoli per aiutare i ragazzi che vivono in contesti disagiati: “Oggi quando vedo un ragazzo delle serie minori che ha talento e poche possibilità gli prometto il telefono nuovo o le scarpe migliori in cambio di un piccolo obiettivo da raggiungere in campo. Il calcio è un mondo bellissimo, a me però ha riservato anche solitudine. Non ho avuto protezione, nessuno che mi abbia gestito veramente facendomi capire anche gli errori che commettevo. Ecco perché ho scelto di cominciare la mia avventura da talent scout partendo dagli ultimi. Io ho realizzato un sogno, sono diventato un calciatore importante a 20 anni. E ci sono riuscito da solo, ho tanto da insegnare sul campo e anche fuori”.