In un’intervista alla rivista Undici, Lorenzo Insigne si è raccontato tra passato e presente, rivelando una sua curiosissima fobia.
Insigne scartato dal Torino
“Il più grande pregiudizio nei miei confronti è stato l’altezza – inizia così l’intervista del capitano del Napoli, che spiega -. La mia scuola calcio era affiliata al Torino, mi fecero firmare una carta che a 14-15 anni sarei andato da loro per un provino. Partii, feci due-tre allenamenti, giocai una partita e mi mandarono a casa perché ero troppo piccolo fisicamente. L’unico che ha creduto in me è stato Peppe Santoro, al settore giovanile del Napoli. Quando ero bambino, c’erano società che prendevano ragazzi senza qualità tecniche. Bastava che avessero il fisico. Ora mi pare ci siano più opportunità, anche per esordire a diciotto o diciannove anni come professionista“.
Il numero 24 azzurro, prossimo al trasferimento al Toronto, ammette di essere stato anche fortunato nella sua carriera: “Non mi è mai piaciuta la scuola. Sono stato fortunato a fare questo lavoro, chiamiamolo così. Non so cosa sarebbe diventata la mia vita. Non c’è stato tempo per pensare a un piano B. Eppure, sapevo che non tutti potevano arrivare. Penso a Emanuele Esposito, un ragazzo che era con me nel settore giovanile del Napoli, fortissimo, lo giuro, un giocatore di una qualità pazzesca, non ho mai visto nessuno con la sua tecnica. Spostava la palla in un centimetro. La controllava con i piedi come si farebbe con le mani. Adesso gioca con l’AZ Picerno, in Lega Pro. Poteva fare una grande carriera. Sai quanti ce ne sono di ragazzi napoletani che non hanno avuto la mia fortuna?”.
Insigne racconta: “A Napoli non tutti mi hanno capito”
Dopo aver elogiato Zeman per averlo lanciato nel calcio che conta e Benitez per averlo fatto maturare, Insigne ha spiegato: “Vuoi sapere che cosa Napoli non ha capito di me? – chiede Insigne a chi lo intervista –. Ho un carattere particolare. So scherzare con tutti, ma all’inizio tengo le distanze. Per alcuni tifosi è superbia, sembra che me la voglia tirare. È solo un atteggiamento di difesa. Qualcuno non mi ha mai compreso al 100 per cento. Chi mi conosce davvero, sa come sono fatto“.
Infine racconta di una curiosa fobia e della paura del ritiro dal calcio: “Del Lorenzo bambino mi rimarranno le paure. Gli occhi dei gatti, per esempio. Sono il mio terrore. Mi inquietano. Ma all’età non penso. Quando mi accorgerò di non star bene fisicamente, lascerò perdere. Vedendo Ibra a quarant’anni, viene la voglia. Per l’addio di Totti ho pianto. So che quando toccherà a me, starò male. Non voglio pensarci. Mi viene l’ansia. Viene anche a mia moglie pensando di avermi tutti i giorni a casa…“.