Grande uomo dentro e fuori dal campo, la gentilezza di Zola lo salvò da un rapimento negli anni in cui giocava a Parma. A raccontarlo è Fabrizio Maiello, ex giocatore della Primavera del Monza, caduto nel baratro della criminalità.
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L’INCREDIBILE STORIA DI MAIELLO
Fabrizio fin da piccolo amava il calcio. Il pallone il suo migliore amico e un sogno chiamato serie A. Era anche un buon giocatore ai tempi del Monza Primavera. Poi a 17 anni un brutto infortunio al ginocchio lo costringe a lasciare il calcio e la sua vita cambia. Fabrizio decide di non operarsi e scappa via dall’ospedale col ginocchio ancora gonfio: “Avevo perso la testa – racconta a gianlucadimarzio.com -, mio padre mi ha detto ‘o ti operi o te ne vai, non voglio uno zoppo in casa’. Io ho scelto la strada e sono andato dai miei amici. Con loro è iniziata la mia seconda vita, quella nel mondo del crimine”. Un tunnel da cui Maiello non riesce più ad uscire, ma in carcere gioca a calcio e si guadagna il rispetto degli altri carcerati.
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Dopo aver rotto una sedia addosso a un giudice, viene trasferito nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia dove conosce Marcello Colafigli, detto il Bufalo ai tempi della Banda della Magliana: “ La passione per il calcio ci accomunava. Era molto riservato, è stato sempre da solo in cella. Difficilmente andava giù nei passeggi a parlare con gli atri. Leggeva molto e scriveva. Era però molto appassionato di calcio, aveva delle belle scarpette come le avevo io. Mi ricordo che giocava con gli scaldamuscoli, era uno stopper vecchio stampo, talmente massiccio che lo chiamavamo Marcellone. Abbiamo giocato spesso insieme, io in attacco, lui in difesa”
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LA GENTILEZZA DI ZOLA LO SALVÒ DA UN RAPIMENTO
Poi Maiello racconta un aneddoto riguardante Gianfranco Zola: “In quel periodo ero latitante, andavo in giro con altre persone, tutte appassionate di calcio. Giravamo tutta l’Italia e siamo andati a vedere qualche allenamento del Parma. Zola in quel periodo era il giocatore più rappresentativo della società. Ci era venuta questa idea: un rapimento lampo di 24/48 ore per richiedere il riscatto a Tanzi. Ci sembrava una bella opportunità”.
Un piano perfetto, ma Fabrizio resta stupito dalla gentilezza del fantasista: “Lo stavamo seguendo quando si è fermato ad un distributore di benzina. Siamo scesi anche noi, volevamo aspettarlo. Gianfranco però ci è venuto incontro, sorrideva e ci ha chiesto se volessimo un autografo. È in quel momento che ho pensato ‘ma cosa sto facendo? Ma lasciamo stare’. Abbiamo scambiato due parole, gli ho detto che ero un tifoso del Napoli e gli ho chiesto un autografo”. Poi Zola risale in auto e va via: “I miei compagni mi dicevano di speronarlo, io non volevo. L’ho seguito per un paio di chilometri, poi ho suonato il clacson, l’ho salutato e l’ho lasciato andare”. Oggi Fabrizio ha 53 anni e fa il giardiniere a Reggio Emilia, il calcio l’ha accompagnato per tutta la vita e il ricordo di quell’incontro con Zola rimarrà per sempre scalfito nella sua mente.