Chi sono i calciatori musulmani in Serie A che fanno il Ramadan?

Approfondiamo il legame tra calcio Ramadan: cosa comporta e quali calciatori musulmani in Serie A lo praticano
calcio italiano03/08/2023 • 11:42
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P. Pogba
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Serie A
Stagione 2023/2024

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Il calcio e la religione, due mondi che all'apparenza vivono l'uno separato dall'altro. Ma andando ad approfondire la questione, si scopre invece che esistono dei punti di contatto. Uno di questi è il Ramadan, una pratica osservata dai musulmani che - quando il mese del suo svolgimento cade nel pieno della stagione calcistica - può avere delle ripercussioni anche nello sport. Vediamo in cosa consiste nello specifico, in quale periodo dell'anno si presenta e quali giocatori in Serie A lo osservano. E poi, ci sono dei casi per cui si è "esentati" dal rispettarlo? Ha mai influito sull'esito di competizioni come Mondiali o Champions League? Scopriamolo insieme. 

Cos'è il Ramadan e quando va osservato?

Il Ramadan nella fede islamica è il mese sacro del digiuno, dedicato alla preghiera, alla meditazione e all'autodisciplina. Nello specifico, consiste in un divieto per tutti i musulmani praticanti adulti e sani di mangiare, bere, fumare e fare sesso dalle prime luci dell'alba fino al tramonto. Il Ramadan va osservato sempre nel nono mese del calendario islamico: ogni anno, quindi, cade in un periodo diverso. L'ultimo è iniziato il 23 marzo ed è finito il 22 aprile. Ma ci sono casi in cui il Sawm (il digiuno) va rispettato d'estate, sotto al caldo cocente e con più ore di luce (e dunque con una durata maggiore).

Chi è esente dal praticarlo 

Come detto, sono "obbligati" a seguire il Ramadan tutti i musulmani adulti e sani. Ma ci sono delle eccezioni: coloro che sono in età avanzata, in gravidanza, in allattamento, diabetici, malati terminali oppure durante le mestruazioni sono esenti dal praticarlo. Tra questi non rientrano gli atleti professionisti, che quindi devono regolarmente rispettare il digiuno. Ma ovviamente, poi, sta al singolo individuo decidere se e come seguirlo. Ci sono infatti alcuni calciatori che preferiscono non prendere parte al Ramadan per non influenzare il proprio stato fisico e il proprio rendimento. Certi invece recuperano il mese di Sawm successivamente, quando i carichi di lavoro sono meno pesanti. Altri ancora lo praticano, ma in una versione più "soft". Tradotto: seguono le varie imposizioni in maniera meno rigida ed intransigente. 

I calciatori musulmani in Serie A: ecco chi sono

La lista di giocatori musulmani nel nostro campionato è piuttosto lunga. I club più rappresentati sono gli ultimi due ad essere saliti sul tetto d'Italia: Napoli e Milan, vincitori dello scudetto rispettivamente nel 2022/2023 e nel 2021/2022. Nella rosa azzurra sono tre: Eljif Elmas, Amir Rrahmani e André-Frank Zambo Anguissa. Lo stesso numero di quelli che militavano nei rossoneri l'anno scorso: Ismael Bennacer, Malick Thiaw e Tiémoué Bakayoko (ora svincolato). Il Diavolo, però, qualora finalizzasse l'acquisto di Musah, tornerebbe a quota tre. Nell'Inter l'unico musulmano è Hakan Calhanoglu, mentre nella passata stagione era presente pure Edin Dzeko. Anche la Juventus ne ha solamente uno: Paul Pogba. Passando a tutte le altre squadre, i più conosciuti sono: il difensore dell'Atalanta Merih Demiral, l'attaccante del Bologna Musa Barrow, il centrocampista della Fiorentina Sofyan Amrabat, l'attaccante del Cagliari Eldor Shomurodov, il difensore della Roma Zeki Celik, il centrocampista del Frosinone Abdou Harraoui, il difensore del Torino Mergim Vojvoda, l'attaccante del Torino Demba Seck, il centrocampista del Lecce Youssef Maleh, l'attaccante del Lecce Assan Ceesay, il centrocampista della Fiorentina Abdelhamid Sabiri e l'attaccante della Salernitana Boulaye Dia. E poi ci sono i nuovi innesti del mercato estivo Sead Kolasinac dell'Atalanta e Houssem Aouar della Roma. 

Quando il Ramadan si “scontra” con Champions League e Mondiali: due casi celebri

Restare a digiuno e senza bere per quasi una giornata intera può ovviamente indebolire il corpo e rendere le prestazioni di un atleta molto meno brillanti. Ecco perché in alcuni casi i giocatori decidono di non seguire alla regola il Ramadan o di fare delle eccezioni. È successo questo, ad esempio, nella finale di Champions League del 2019 tra Liverpool e Tottenham: Moussa Sissoko, centrocampista degli Spurs, Salah e Mané, attaccanti dei Reds, decisero di interrompere il digiuno per l'occasione speciale in modo da poter performare al massimo delle proprie capacità. Lo stesso Salah invece, nella finale dell'edizione precedente contro il Real Madrid, scelse di seguire il Ramadan nella maniera tradizionale. Un altro caso celebre riguarda Mesut Ozil ai Mondiali 2014: il trequartista tedesco in quell'anno non aderì allo Swam per contribuire nel migliori dei modi alla causa della sua nazionale. 

I club potrebbero fare causa ai giocatori per inadempimento? L’aspetto giuridico

 

Come scrive La Gazzetta dello Sport, le questioni giuridiche che sorgono sono due: se esistono previsioni normativo-regolamentari sportive idonee a contestare la pratica del Ramadan in quanto in grado di "danneggiare" le prestazioni dei propri giocatori; se i club possono, di conseguenza, dirsi legittimati ad intraprendere eventuali azioni legali. Ecco cosa dice in merito l'articolo 9 del Contratto Collettivo dei calciatori di Serie A: Il Calciatore deve curare la propria integrità psico-fisica in funzione delle prestazioni sportive che è tenuto a fornire e deve astenersi da qualsiasi attività che possa mettere a rischio la sua incolumità e la sua migliore condizione psico-fisica”. All'apparenza, dunque, sembrerebbe che i giocatori siano "obbligati" a mantenere, ai fini del corretto adempimento della prestazione sportiva richiesta, una condizione fisica (oltre che psichica) ottimale e che, pertanto, non sia consentita una (non) alimentazione che pregiudichi sensibilmente il rendimento dell'atleta. In linea teorica ed astratta, questa norma potrebbe mettere i tesserati in una dinamica di potenziale inadempimento. Ma poi ci sono la pratica e la legge italiana. Tali regole, infatti, vanno in contrasto con quanto stabilito dalla Costituzione. LArticolo 19 prevede che “tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume". Ecco perché l'eventuale richiesta di un club non sarebbe legittima. Il Ramadan può essere osservato liberamente, sta poi ai singoli calciatori scegliere se e come farlo.

 

 

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