363 presenze in Serie A (con le maglie di Torino, Chievo e Palermo) e 632 partite complessive tra i professionisti. Questo, in sintesi, il bilancio della carriera di Stefano Sorrentino. Una carriera lunga oltre 20 anni, nel corso della quale il portiere classe '79 ha vestito le maglie di Torino, Juve Stabia, Varese, Aek Atene, Recreativo Huelva, Chievo, Palermo. Appesi gli scarpini al chiodo nel 2020 dopo le parentesi Cervo e Torinese, nei dilettanti, è rimasto a contatto con il grande calcio nelle vesti di opinionista tv a Mediaset. Di questo e non solo, Sorrentino ha parlato nell'intervista rilasciata a Chiamarsibomber.com, nel corso della quale ha ripercorso la sua carriera dentro e fuori dal campo.
Gli occhi della tigre, un concetto che ti rappresenta nonché il titolo del tuo libro pubblicato nel 2016. Come si riassume questo concetto e a chi lo attribuiresti dei calciatori di oggi?
"Essendo io nato nel 1979, questo personaggio e questo motto sono legati alla saga cinematografica 'Rocky'. Lui, da perfetto sconosciuto, va a combattere contro il campione del mondo, in incontri pressoché già decisi per far vincere quest'ultimo, e riesce a sconfiggerlo con 'gli occhi della tigre'. È un concetto che riassume il valore del sacrificio, devi sempre avere fame e motivazione. Parlando di portieri, un calciatore che incarna questo concetto è probabilmente Di Gregorio, così come Carnesecchi - che seguo dai tempi della Cremonese - come attitudine e come modo di stare in campo".
Il tuo nome, in Serie A, è legato soprattutto al Chievo. Cosa ha rappresentato per te e quanta amarezza c'è nel non vederlo più tra i professionisti?
"Al Chievo devo tanto, dopo Pellissier sono il giocatore con più presenze in A nella storia del club. Quando una società ti permette di giocare per otto campionati in Serie A, diventando il secondo per presenze nella storia del club, non puoi che essere riconoscente. Il Chievo è un passo importante della mia carriera a cui devo gran parte dei miei successi. Non vederlo più esistere è una ferita aperta, ci sono state altre squadre in cui ho giocato che sono fallite e poi hanno avuto la forza di ripartire. Purtroppo il Chievo non ce l'ha fatta".
In carriera, in Italia, hai vestito anche la maglia del Palermo, di cui sei stato capitano. Ci racconti il rapporto con Zamparini? Un ricordo a poco più di due anni dalla scomparsa
"Il Presidente Zamparini è una di quelle persone che porterò sempre nel cuore e avrà sempre la mia stima. Non mi sembra vero che non ci sia più, era una persona vera, una di quelle che sai che non ti tradiranno mai. Mi ha fatto una corte incredibile e per tanti anni ha cercato di prendermi in tutti i modi. Alla fine è riuscito a portarmi a Palermo e devo ringraziarlo perché mi ha fatto conoscere una città meravigliosa e delle persone che non dimenticherò mai. Per certi versi mi sento in difetto verso i tifosi, per l'affetto che hanno dimostrato a me e alla mia famiglia, quando io ho solo fatto il mio mestiere. Sono stato fortunato a vestire quei colori, a indossare la fascia di capitano e a entrare nel cuore della gente. Quando sono atterrato a Palermo, prima ancora di scendere in campo, ero già l'idolo dei tifosi. Sei mesi dopo il mio arrivo siamo retrocessi e, nonostante avessi diverse offerte in Serie A, ho deciso di rimanere in B con la squadra, cosa che i tifosi hanno molto apprezzato. L'anno successivo abbiamo vinto il campionato e devo ringraziare Zamparini per avermi dato questa opportunità. Dispiace che una persona così non ci sia più, perché ha fatto tanto bene al calcio italiano".
Hai parato un rigore a Cr7, è la tua parata più bella?
"Essere il primo portiere italiano a parare un rigore al giocatore più forte al mondo è un grande orgoglio. La gente spesso si ricorda solo di quello nonostante abbia quasi 700 presenze tra i professionisti. Sicuramente è un bel ricordo ma mi ha portato 0 punti in quella partita, quindi non la considero la parata più importante. In tanti anni di carriera le parate sono molte ed è difficile ricordarle tutte. Inoltre sono una persona a cui non piace molto guardare al passato, quel che è stato fatto è stato fatto, sono concentrato sul presente. A questo proposito, io ho una collezione di maglie ma tra queste non ce n'è una mia, perché per me è il passato. Una parata molto bella, che definisco 'da cartone animato', è sicuramente quella che ho fatto su Schick in un Chievo-Roma, quando con il piede sono riuscito a respingere il suo tiro, deviato in area da un mio compagno. Ero ormai battuto e questa, secondo me, è una parata da 'occhi della tigre', che poi ci ha consentito di conquistare un punto importante".
Quando giocavi ti ha mai contattato un top club?
"Sì, quando giocavo in Grecia mi contattò il Galatasaray, poi negli anni sono stato vicino diverse volte alla Roma, due volte al Napoli, una volta alla Juve - con cui avevo praticamente firmato - e una volta al Genoa. In questo senso ci sono stati diversi rumors tra cui Fiorentina e Sampdoria, ma le trattative vere e proprie sono state quelle con Genoa, Juve, Roma e Napoli".
Come è cambiato oggi il ruolo del portiere?
"Dal 1992, da quando è cambiata la regola sul retropassaggio al portiere, ogni cambio di regola, a mio avviso, è stato attuato per penalizzare i portieri e agevolare lo spettacolo. Naturalmente il calcio si è evoluto, oggi vediamo il portiere che imposta in mezzo ai due centrali. Quando giocavo io il portiere era inchiodato tra i pali e c'era il libero, che giocava a 20 metri dalla linea difensiva. Negli ultimi anni di Serie A mi arrabbiavo molto perché i palloni erano sempre più leggeri, da qui i tanti gol subiti da fuori area complici anche i terreni bagnati. Il ruolo del portiere sta cambiando ed è quello che si è dovuto adattare più di tutti, ormai è un giocatore a tutti gli effetti. Ai miei tempi erano poche le squadre che avevano il preparatore dei portieri, oggi ce ne sono due per ogni squadra. Si tratta di una figura fondamentale, perché deve sia comprendere la tattica di squadra che riuscire a gestire l'aspetto fisico e mentale del portiere".
Oggi lavori come opinionista a Mediaset, come ti trovi in questa nuova veste? Ti manca il campo?
"Questo ruolo mi piace tantissimo, mi sento a mio agio perché mi dà la possibilità di sentirmi attivo nel calcio dei grandi e mi piacerebbe fare molto di più. Mi vedo abbastanza bene in questa veste, sono una persona molto loquace e questo mi aiuta molto, non mi piace creare polemica o puntare il dito, sono lì per dire la mia dal punto di vista tecnico-tattico e mi trovo molto bene. Credo che alla base di tutto debba esserci il rispetto delle persone, che oggi stiamo un po' tutti perdendo, specialmente sui social. Il campo? Sto aprendo le mie academy del portiere: in estate partiranno diversi camp estivi e questo mi dà la possibilità di tornare in campo e stare a contatto con i ragazzi. Inoltre sto facendo affiliazioni con squadre dilettantistiche per sostenerle e dare una mano ai preparatori dei portieri. Quando ho smesso ho avuto bisogno di prendermi un po' di tempo per ritrovarmi, anche solo per riorganizzare la mia quotidianità. Poi però senti il richiamo del calcio, quando cresci a pane e pallone la passione per questo sport e per questo ruolo ti fa fare cose che non immagineresti mai".
Un commento su questa Serie A: Inter troppo forte o rivali non all'altezza?
"Inter troppo forte, la Juve ha provato a tenerle testa ma è crollata dopo lo scontro diretto, il Milan prova ad avvicinarsi ma c'è ancora troppa differenza e nessuno si aspettava la crisi di Napoli e Roma. Alla luce di questo è chiaro che le avversarie non sono state all'altezza della capolista ma è anche vero che il calcio italiano sta perdendo fascino e giocatori importanti. Io ho giocato contro campioni del calibro di Totti, Del Piero, Ibrahimovic, Ronaldinho, Milito, Figo, Crespo, Batistuta, Inzaghi e tanti altri. Con tutto il rispetto, faccio fatica a trovare delle alternative valide nel campionato di oggi. Le ragioni possono essere diverse: economiche, legate al covid, inoltre c'è poca voglia di investire nei giovani italiani e nei centri sportivi. Poche squadre hanno stadi e centri sportivi di proprietà: 17 anni fa giocavo nel Recreativo Huelva, una squadra che galleggiava tra Liga e serie minori e che aveva il proprio centro sportivo. Questo rende l'idea della differenza che c'è nel calcio tra l'Italia e gli altri paesi".