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Perché siamo così attaccati al Fantacalcio

calcio20/11/2017 • 23:18
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Il Gallo Belotti è uno dei calciatori su cui ho fatto più affidamento in questa stagione del Fantacalcio e non vi nego che mi sono parecchio incazzato quando  ha fallito il calcio di rigore che lo avrebbe rimesso nella lista dei bonus dopo troppo tempo. L’ho presa proprio male, come se il fantacalcio non fosse solo un gioco per divertirsi con gli amici, ma proprio una squadra per la quale tifare a tutti gli effetti e per cui sentirsi responsabili. Ho sentito un fastidio che sarebbe stato giustificabile solo se Belotti l’avessi pagato con soldi veri, miei.
Subito dopo, appurata la sconfitta, mi sono chiesto perché fossimo tanto legati emotivamente al fantacalcio. Ammetto di non essere mai stato un amante possessivo del gioco fino a quest’anno, quando qualcosa è cambiata – una scintilla, forse, chi lo sa – e sento la mia squadra del fantacalcio come se fosse la seconda squadra da tifare (perché la prima non si batte, e questo nessuno ce lo leverà mai) e non un gioco della playstation per cui puoi anche incazzarti mentre stai giocando, ma poi lo dimentichi quando hai spento tutto.
Il primo motivo, che è anche il più inutile, probabilmente risiede nel fatto che il fantacalcio non finisce, ma continua tutta la settimana, quando migliaia di siti e migliaia di app che sono sbucate perché sanno quanto la gente ci tenga, ti anticipano le formazioni, gli allenamenti, gli infortuni, le condizioni di forma e così via. E tu dunque sei in un circolo di notizie che ti tiene lì, a studiare la probabile formazione ad ogni buco disponibile.
Il secondo motivo, che è quello che credo appartenga alla verità, me l’ha fatto venire in mente Giorgio Chiellini. Il Giorgione Nazionale ha parlato a Sky dopo la debacle della Juve e ha detto in parole povere che anche se loro hanno fatto una buona prova, non esiste casualità nel calcio e non esiste l’avversario che fa gol a ogni tiro in porta, perché se vuoi vincere tu devi impedire quel tiro in porta. No, dunque, alla sfortuna e alla sfiga.
Chiellini ha ragione, perché il culto dell’alibi è un culto che quasi tutte le persone si portano avanti nella vita di tutti i giorni, e non solo nel calcio, sia per giustificarsi con gli altri che con se stessi. L’essere umano sente il bisogno di un colpevole e quando siamo gli unici a poter essere colpevoli, allora cerchiamo di appellarci all’invisibile e dunque al caso. Alla sfiga.
Il discorso è che nella vita reale non ci crede nessuno, perché mentre cerchiamo di darci degli alibi per alleviare le nostre colpe, noi stessi sappiamo in cosa abbiamo sbagliato.
Finita la parentesi filosofica-marzulliana, è ora di dire che questo principio è vero nel 99% delle cose che accadono nel mondo, ma nel fantacalcio no. Nel fantacalcio il culo e la sfiga esistono davvero. È l’unico territorio nel quale possiamo sentirci in diritto di scaricare le colpe alla sfiga, perché la fortuna è la legge predominante che domina questo gioco. Ora voi potreste farmi un pippone di ore, dicendomi che al fantacalcio si può essere bravi, si possono costruire rose attrezzate e trovare le scommesse giuste  e tutto ciò che volete, ma sono solo stronzate. Certo, devi essere bravo. Ma certo, devi essere ancora più fortunato. Quante volte vi è successo di perdere proprio nella giornata in cui tutti i tuoi avevano segnato, di pareggiare per uno 0.5 di un’ammonizione al 94′ o di perdere per infortuni infiniti giocatori su cui avevate investito anche un rene?
Perciò la risposta che mi sono dato di fronte alla domanda “perché siamo così legati emotivamente al fantacalcio?” è che per una volta in tutta la settimana hai pieno diritto di prendertela con la sfiga senza che nessuno ti rompa le palle.

P.S Ci sono alte probabilità che questo pezzo sia stato scritto solo per dare un senso ad un’altra indecorosa sconfitta scaturita dal rigoraccio di Belotti, a cui vogliamo comunque tanto bene e che speriamo di vedere presto al gol. Così magari per una domenica ce la prendiamo con la fortuna e non con la sfiga. Che il fantacalcio è una cosa seria.

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Autore

Redazione

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